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¿Ecco, lo dicevo io: la poetica del formaggio, o forse il formaggio della poetica; qui si mescolano e si ribaltano i gusti, i piani, i contenitori e i contenuti. È il travaso continuo. Farò un convegno sui sapori della letteratura e un libro di ricette letterarie, come quello del mio prozio Pellegrino Artusi¿. (Giambattista Vicari)
"Doppiogiochisti per vocazione (in senso buono, ricreativo), sempre disposti a barcamenarsi sul filo doppio delle ambiguità del linguaggio, ricco di equivoci, slittamenti semantici e doppi sensi, assiduamente desiderosi di scoprire i doppifondi dentro cui si nascondono potenziali Identità e Differenze letterarie, potevano gli Oplepiani, così combinati (e combinatori), esimersi dallo scendere in campo affrontando una costrizione tanto seducente come quella congegnata sul tema del doppio?".
"A Capri, una mattina piena di sole dei primi di novembre del 1996, durante una passeggiata all'Arco Naturale, guardando verso lo specchio d'acqua che, fascinosamente turchino, si distende fino all'orizzonte, ad un certo punto esclamo: 'Che mare incredibile!'. Volta al plurale e privata della lettera R, mi accordo che la stessa frase suona: 'Che mai incedibili!'. Limpido riconoscimento dell'inamovibile profondità di molte negazioni".
"Dopo una breve pausa di riflessione, ricca di suspense, durante la quale si consuma all'interno del gruppo un misterioso assassinio (o suicidio?) al vertice, il progetto viene ripreso e definitivamente realizzato. Senza ulteriori indugi l'OpLePo sceglie di cimentarsi con il genere poliziesco, impaziente di produrre enigmi criminosi".
"Per definire il colore del cielo orientale, nel Purgatorio (I, 13), Dante invocò il nome di una pietra orientale: un gioco reciproco che, come notò Borges, può ben essere un'immagine dell'infinito. [...] Borges si è chiesto più volte cosa avrebbe potuto fare Dante dopo aver finito la Divina Commedia: se avesse avuto un telefonino a disposizione, forse avrebbe potuto collezionare SMS in rima scambiati con Cavalcanti".
"La regola che regge la costruzione di testi poetici sui momenti emozionali di intensa brevità di questi Preludi è: far durare la loro declamazione o semplice lettura nei limiti del tempo di esecuzione di ciascuno dei detti Preludi; non si è trattato quindi di scrivere parole per musica, ma di ricreare una delle possibili atmosfere sentimentali intese da Chopin".
"Un omaggio allo scrittore 'membre étranger' dell'Oulipo, 'una specie di società segreta' (la definizione scherzosa è dello stesso Calvino), una singolare consorteria di letterati con la passione della matematica e di matematici con la passione della letteratura, nella quale domina il divertimento, l'acrobazia dell'intelligenza e dell'immaginazione, nella quale si pensa e sei parla attraverso ghiribizzi e capriole del linguaggio e del pensiero".
"Le sirene sono per antonomasia l'incarnazione (o meglio, guardando certe raffigurazioni, verrebbe da dire la 'impescificazione') del richiamo, del richiamo seduttivo, attraente, che nell'immagine omerica si musicalizza in 'un suono di miele'. Nel caso della scrittura oplepiana (ma la riflessione si può estendere alla scrittura in generale) il richiamo è dato dalla sirena-pagina bianca, o in una versione più attuale sirena-schermo bianco del PC, che attrae lo scrittore e lo invoglia a scompaginare il candido pallore del foglio di carta o del video in ardimentose combinazioni di parole; una sirena-pagina bianca che esercita su chi scrive un fascino irresistibile perché alla fin fine, come sosteneva Kandinskij, che di colori se ne intendeva, il bianco non è che un ricettacolo di immagini mentali, di un silenzio ricco di possibilità, uno spazio - aggiungiamo noi - sul quale tracciare la rotta di una personalissima navigazione linguistica".
"Bisognava anche, e soprattutto, dare ragione del sotterfugio del poeta e di tutti i suoi secolari commentatori; poiché, davvero, si aveva la sensazione di trovarsi di fronte a una specie di congiura del silenzio durata settecento anni. Che cosa si voleva nascondere? E in quale misura?".
"Il principio della chimera, animale mitologico frutto di un mostruoso assemblaggio al pari dell'ircocervo e di altre creature immaginarie, 'sembra potersi trasporre, in più modi diversi, nelle strutture letterarie', sosteneva François Le Lionnais nella sezione de La littérature potentielle (1973) dedicata alle manipolazioni lessicografiche, sintattiche e prosodiche. Sensibili allo spunto dell'ingegnere e scacchista oulipiano, e cioè che la chimera, emblema dell'ibrido e dell'ambiguità disarmonica, bene si presti alla suggestione di esperimenti letterari (specie di letteratura combinatoria), gli Oplepiani hanno raccolto la sfida e messo mano alle loro chimeriche trasposizioni, imboccando sentieri difformi, inseguendo personali variazioni sul tema".
"Edoardo Sanguineti ha usato in modo assolutamente originale il segno d'interpunzione dei due punti, che nei suoi testi non prelude necessariamente a esplicazioni o elencazioni. Forse un modo seriamente giocoso di indicare i limiti della comunicazione, che non si definisce e chiude mai veramente; ma anche un invito e un richiamo alla necessità di tenerla aperta. Abbiamo scelto questo tratto inconfondibile della sua scrittura come introduzione al nostro volumetto di omaggi a lui dedicati: per dirgli con affetto che, dopo di lui e nella sua scia, terremo aperto e vivo il discorrere della parola ludica e sperimentale".
"Lo slittamento proverbiale è il modo più rettilineo, economico e meccanizzabile di produrre, da un romanzo noto e in via d'usura o da un romanzo ignoto e ormai senza speranza, un secondo romanzo modernissimo, ami prima udito e passibile di fama inaspettata".
"La rima ci ricorda che le parole sono in primo luogo suono e che questo suono costruisce, allucina, crea, disegna nell'aria delle immagini, delle strutture, non saprei come definirle proprio perché sono allucinatorie, oniriche, sono fantasmi. Un verso è simile a un fantasma: tutto quel che si può fare è vederlo, e paventarlo". (Giorgio Manganelli)
¿L¿usurpata iscrizione a `Gara Oplepö di questo esperimento che Ruggero Campagnoli, giustamente risentito, ha voluto intitolare Anagrafie, mi era stata suggerita dal supporre che l¿esito della riscrittura del Quijote da parte del Pierre Menard di J.L. Borges fosse la paradossale trasposizione di tutte le parole e annessi del romanzo cervantesino in una casuale coincidenza con l¿originale. [...] Poi, calcolo probabilistico e restrizione inderogabile mi avevano convinto ad onorare quel tentativo con una attribuzione `oulipienne¿ dimenticandomi, nell¿entusiasmo, di chiedere il dovuto consenso al già costituito `Opificio di Letteratura Potenziale¿¿.
"La storia dell'Elogio come genere letterario ha radici molto lontane. [...] Lodare cose che ragionevolmente andrebbero biasimate e cose che, per la loro pochezza, non meriterebbero alcuna attenzione celebrativa, è un esercizio caro agli autori burleschi di ogni tempo e latitudine. [...] Ecco perché Oplepo ha scelto la forma dell'elogio per celebrare il decennale della sua nascita, avvenuta a Capri il 3 novembre 1990".
"Interrogare l'abituale. Ma per l'appunto ci siamo abituati. Non lo interroghiamo, non ci interroga, non ci sembra costituire un problema, lo viviamo senza pensarci, come se non contenesse né domande né risposte, come se non trasportasse nessuna informazione. Non è neanche più un condizionamento, è l'anestesia. Dormiamo la nostra vita di un sogno senza sogni. Ma dov'è la nostra vita? Dov'è il nostro corpo? Dov'è il nostro spazio? Come parlare di queste 'cose comuni', o meglio, come braccarle, come stanarle, come liberarle dalle scorie nelle quali restano invischiate; come dar loro un senso, una lingua: che possano finalmente parlare di quello che è, di quello che siamo". (Georges Perec)
"I dieci sonetti Centomila miliardi di chimere sono dedicati alla traduzione dei Cent mille milliards de poèmes di Raymond Queneau e celebrano fasti e nefasti dell'avventura traduttoria di M.S. nel confrontarsi con la celebre opera queniana e nell'interpretarla chimericamente. Il tema è dunque la traduzione e la sua natura ibrida, capricciosa, quando non perversa: corre lungo i dieci sonetti saltellando fra diverse metafore, dalla cucina al calcio alla fiaba, tra mitologemi e tecnicismi".
"Ci si può domandare quale aggettivo derivi dal sostantivo 'pretesto': 'pretestuoso' o 'pretestuale'? c'è da supporre che il primo valga, poco onorevolmente, per un discorso di scuse (anche non richieste), di raggiri verbali, domande capziose e altro ancòra; invece il secondo (da potersi scrivere anche con trattino, così: 'pre-testuale', non registrato, almeno per ora) si adotterebbe come derivante da 'pretesto' nel senso di uno scritto antecedente a un determinato testo".
L'Oplepo è l'Opificio di Letteratura Potenziale, omologo italiano dell'Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle), il laboratorio letterario fondato nel 1960 da Raymond Queneau e François Le Lionnais, e del quale fecero parte Italo Calvino e Georges Perec. Tra il 1990 e il 2005 l'Oplepo ha pubblicato ventiquattro fascicoli stampati in 100 esemplari numerati, fuori commercio e riservati ad altrettanti nominativi di appassionati di letteratura potenziale. Il volume La Biblioteca Oplepiana (Zanichelli, 2005), con una introduzione e alcuni testi sulla storia e sulle tematiche del potenziale in generale, e della letteratura à contrainte in particolare, riunì i primi ventiquattro ¿esercizi¿ originali dell'Oplepo. Questo secondo volume comprende 12 fascicoli successivi pubblicati fino al 2014, ai quali, per quanto riguarda i collettanei, hanno partecipato anche membri dell'Oulipo e dell'Oupeinpo oltre a patafisici e altri cultori del potenziale. Testi e illustrazioni di: Elena Addòmine, Paolo Albani, Raffaele Aragona, Michèle Audin, Carlo Battisti, Marcel Bénabou, Alessandra Berardi, Giulio Bizzarri, Laura Brignoli Pusterla, Anna Regina Busetto Vicàri, Massimo Gerardo Carrese, Ermanno Cavazzoni, Claude Debon, Ada De Pirro, Domenico D'Oria, Lorenzo Enriques, Brunella Eruli, Daniela Fabrizi, Thieri Foulc, Paul Fournel, Dario Giugliano, Furio Honsell, Jacques Jouet, Sal Kierkia, Valerio Magrelli, Marco Maiocchi, Paolo Pergola, Mario Persico, Astrid Poier-Bernhard, Jacques Roubaud, Hermes Salceda, Olivier Salon, Edoardo Sanguineti, Antonella Sbrilli, Maria Sebregondi, Màrius Serra, Afro Somenzari, Gigi Spina, Aldo Spinelli, Jean Talon Sampieri, Giuseppe Varaldo, Eliana Vicàri Fabris, Giorgio Weiss, Gianni Zauli.
Il volume, con un rapido accenno alla storia e alle tematiche della letteratura à contrainte, contiene testi di carattere gastronomico: i laboratori dell'Oulipo e dell'Oplepo, però, non producono nuovi prodotti gastronomici né diverse procedure culinarie, bensì assemblaggi, combinazioni il cui legame non è necessariamente quello del gusto e dei sapori ma un nesso d'altro tipo. Vengono così fuori storie gastronomiche e menu caratterizzati esclusivamente da una unicità cromatica, da riferimenti letterari o cinematografici, dal rispetto di regole che non hanno a che fare con la cucina ma con la retorica, non con i fornelli ma con la combinatoria, non con i tempi di cottura ma con la metrica, non grammi ma lipogrammi, non crostacei ma acrostici, non pasticci ma bisticci, non glasse ma glosse, non ossibuchi ma ossimori. Del resto lo stesso "D'une théorie culinaire" di Noël Arnaud poneva l'attenzione su tutto quanto vi fosse di commestibile nell'universo incommestibile, esaltando una cucina di eccezioni. Non è detto, però, che le pietanze, esito di queste strane ricette o elencate nei sorprendenti menu potenziali, non siano immediatamente edibili né che non lo diventino col tempo...
"Una semplice sequenza ininterrotta di nomi di personaggi mitologici - in virtù di opportune cesure e di un'appropriata punteggiatura, nonché di eventuali apostrofi o accenti - si trasforma in un componimento poetico; in tale contesto i vari nomi si configurano anche come altrettante unità grafiche, o grafemi: diventano, cioè, mitografemi".
¿Una personalità, quella dello scrittore di 'La Vie mode d¿emploi', tra le più singolari del mondo dell¿Oulipo in virtù dell¿attività multiforme che la caratterizza, espressione di un progetto di sperimentazione che attraversa molti generi letterari¿.
"La contrainte utilizzata nel testo è quella di 'sfuggire' da ogni sua parola, utilizzandola non più di una volta. [...] L'utilizzazione singolare delle parole produce una distribuzione di frequenza piatta e uniforme che non presenta quindi alcun pericolo per chi volesse percorrerla passandoci sopra a piedi o in bicicletta".
"Come si arguisce da titolo e sottotitolo, la plaquette si articola in cinquanta ottave tutte liberamente ispirate al capolavoro manzoniano, ma composte usando ogni volta una regola, ovvero una contrainte, differente. [...] Un'eventuale sfida per il lettore, da intendersi come gioco nel gioco, sarà quella di cercare d'indovinare, prima di scoprirla nelle glosse, la regola che caratterizza ogni singola ottava: in alcuni casi l'individuazione è facilissima, in altri abbastanza difficile, in altri ancora praticamente impossibile".
"Un gioco, dunque. E nel quale, a ben vedere, tutto risulta fasullo: un critico sedicente e dall'identità posticcia scrive, citando colleghi anch'essi fittizi o fatti mai accaduti, la finta recensione di una lirica immaginaria, che invece verrà composta soltanto a posteriori da parte di qualcuno che si firma sotto falso nome! Questo qualcuno, però, ha l'anima e la sensibilità di un poeta autentico: tanto che alla fin fine, in codesta apoteosi dell'artificio e della simulazione, l'unica cosa non fasulla, anzi assolutamente genuina e vera, è rappresentata dalle sue poesie". (Giuseppe Varaldo)
"'L'infinito' di Giacomo Leopardi viene spesso ritenuta la più bella poesia della nostra letteratura. Molti, leggendola, hanno probabilmente pensato che sarebbe stato un sogno saper comporre un testo così. [...] E i poeti che lo hanno preceduto? Come avrebbero scritto 'L'infinito' se avessero avuto l'idea di comporlo? Questo 'Quaderno' nasce proprio da tali considerazioni ed è dominato da una contrainte unica: riscrivere L'infinito cercando di realizzarlo con una tematica ben definita e cercando di imitare lo stile dei vari autori presi in considerazione".
"La scuola del potenziale è la scuola di una lunga pazienza: essa si propone non tanto a proclamare messaggi, quanto a esercitarsi a balbettare (per riprendere un testo di Perec); non mira a fornire ricette mirabolanti, ma addestra a non temere di tornarsene a casa con le pive nel sacco, senza prede sublimi da esibire in salotto, ma con la tranquilla certezza di aver occupato il proprio tempo in un'attività utile per sé stessi e dunque - forse - anche per gli altri. Perec suggerisce che anche quando crediamo di non avere nulla da scrivere, o nulla da dire, bisogna stare in agguato, mantenere desta l'attenzione per cogliere la carica potenziale di eventi minimi". (Brunella Eruli)
¿Molteplici sono le modalità e le regole con le quali questi `affezionati perecchiani¿ hanno voluto celebrare i trent¿anni trascorsi dal 1982 che segna la disparition di quel singolare artificiere e manipolatore del linguaggio che fu Perec. Pungolati dalla fantasiosa spericolatezza dello scrittore francese, lo hanno fatto da un lato con testi à contrainte che ripetono alcuni dei suoi molteplici generi e dall¿altro con testi basati su contraintes originali¿.
"Rigrafia è la scrittura di un testo a partire da un altro testo dato, mediante riordinamento di alcune sue righe tipografiche. Il testo base fornisce dunque la materia prima per la costruzione del testo derivato. Le righe del primo, assolutamente inalterate, sono usate come tessere per la realizzazione del secondo, una specie di puzzle verbale. Questo puzzle, nella sua correttezza di sintesi e di senso, è tuttavia del tutto autonomo dal testo base".
"Fra le tecniche note al mondo oulipiano, oplepiano e di divertissement linguistico in genere sapevo esistere la "traduzione omofonica": due testi, diversi per scrittura, divengono "foneticamente" uguali quando letti, poiché la pronuncia risulta la medesima. Mi son chiesta, però, cosa sarebbe successo se avessi preso una sola sequenza di lettere (un unico testo, dunque) e avessi provato a spezzare simultaneamente in due differenti modi tale sequenza, al fine di pervenire a parole diverse che, con aggiustamenti di punteggiatura, formassero due differenti testi, per di più bilingui. Nascono così le "traduzioni omografiche", componimenti dedicati al mio amore per la nostra lingua italiana e alla mia passione per la bella lingua inglese". (Elena Addomine)
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