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Il 900 è il secolo in cui a Fiume si è parlato ungherese, italiano e croato ed è stato anche il secolo più violento. La città è stata epicentro di avvenimenti mondiali, meta di imprese di avventurieri, bottino dei politicanti, ma è stata anche motivo di dispute nelle conferenze internazionali. A causa di Fiume, probabilmente anche la storia europea, e specialmente quella italiana, sarebbero state diverse da ciò che sono state se non fosse esistito Gabriele D'Annunzio, poeta, avventuriero, dittatore e grande amatore. Il Divino poeta, com'era chiamato, ha influenzato in maniera incisiva la moderna storia fiumana, ma mentre i nostalgici lo innalzavano fino al cielo, i puristi ideologici minimizzando il suo ruolo. Anche se questo appassionato di limousine e aeroplani, amato dalle donne e innamorato del potere, ha trascorso a Fiume poco più di un anno, gridando, tra il 1919 e il 1920: Fiume o morte!, il timbro storico che ha lasciato si percepisce ancor oggi. Il cerchio storico la cui formazione è iniziata con l'avventura dannunziana di Fiume il 12 settembre 1919, cronologicamente forse si è chiuso formalmente nel 1975, quando sono stati definitivamente risolti i contenziosi italo-jugoslavi con il Trattato di Osimo, ma storicamente non è ancora del tutto chiuso. Nel frattempo, dopo la partenza di D'Annunzio, Fiume diventa uno stato e una pedina sullo scacchiere politico internazionale, città occupata e liberata. Tutto questo ha influito significativamente sulla sua trasformazione e sulla mentalità della gente. L'esodo degli italiani, come generalmente viene chiamata la loro fuoriuscita, superiore alle duecentomila persone che hanno abbandonato i territori costieri dell'ex Jugoslavia dopo la seconda guerra mondiale, ha dato inizio a una ridda di speculazioni da parte di entrambi i lati del confine. Le cicatrici nella coscienza collettiva di croati, sloveni e italiani sono ugualmente profonde e dolorose. Davvero Josip Broz Tito, ha cacciato gli italiani come alcuni affermano?
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