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L'opera parla dell'eternità gloriosa dell'essere umano dopo la sua morte fisica, in conseguenza della trasformazione in spirituale della sua persona secondo il pensiero cristiano del I e del II secolo, prima della platonizzazione del cristianesimo e della conseguente, atroce, idea d'inferno "alla Dante" vissuto eternamente. Quanto è scritto nel saggio è conforme ai versetti neotestamentari e a testi di scrittori ecclesiastici antichi. Dall'incipit: Nel suo "Dizionario filosofico" Voltaire deride l'idea di risurrezione del corpo umano, concetto che per i cristiani è verità rivelata. Lo scrittore e filosofo fa presente che uomini e animali possono in realtà essere nutriti dalla sostanza di predecessori, perché il corpo d'un essere umano sepolto e putrefatto nella terra ovvero le ceneri del suo cadavere bruciato cadute sulla stessa si trasformano in frumento o altri vegetali che sono mangiati da altri uomini [...]. Ritenendo d'aver distrutto l'idea farisaica-cristiana di resurrezione degli esseri umani, egli osserva: quando si dovrà risuscitare, come sarà possibile che ognuno abbia il corpo che gli apparteneva, senza perderne almeno una parte? [...] In realtà [...] chi conosca il Nuovo testamento e, in questo, le Lettere di Paolo, con l'espressione risurrezione del corpo non intende una seconda vivificazione delle nostre molecole; infatti nella prima Lettera ai Corinzi Paolo dice che, a imitazione di quello di Gesú risorto, il nostro corpo risorgerà in altra forma: in forma gloriosa spirituale; più esattamente l'apostolo dei gentili scrive che il nostro mortale corpo animale nonché psichico, perché dotato di ragione-io, si trasformerà in eterno corpo glorioso e pneumatico. Stralci dalla conclusione: Relativamente alla vita eterna secondo l'idea cristiana del I secolo e di buona parte del II, cioè per il cristianesimo dell'età apostolica e dei sei-sette decenni successivi - epoca dei padri apostolici e dei primi apologisti - [...] possiamo dire in sintesi che alla morte d'un essere umano giusto, cioè o santo o con peccati veniali, il suo corpo col suo io, ovvero la persona intera, senza soluzione di continuità risuscita nello Spirito divino trasformata in persona gloriosa spirituale: in parole comuni, si tratta del Paradiso; nel caso tuttavia di peccati veniali, ella dovrà prima passare, essendo ancora chiusa entro il tempo (secondo il Concilio di Trento, che parla di pena temporanea e non la situa espressamente dopo la morte), attraverso un istante di purgatorio (psichico), momento che potrà venir da Dio dilatato nella mente del morente quanto basta per dargli, appunto, il tempo di pentirsi perfettamente durante il passaggio dal di qua all'Aldilà il purgatorio non può essere nel Trascendente, dove non si è assoggettati al divenire ma si vive nell'Essere eterno senza principio né fine. Per quanto riguarda invece il peccatore (chi in vita ha odiato senza pentirsi Dio e il prossimo) impenitente fin all'ultimo istante di vita, cioè la persona che ha scelto coscientemente la dannazione, non risorge né mai risorgerà è il cosiddetto inferno"; la dannazione è cioè il fallimento della propria esistenza, è l'essere venuto dal nulla e il tornare al nulla per sempre, anziché trasformarsi in persona spirituale e vivere eternamente in Dio come avviene, invece, per i beati, cioè per coloro che su questa terra hanno amato il prossimo e, se credenti, hanno amato Dio (i non credenti, purché in in buona fede, non hanno, solo perché atei, ostacoli alla Salvezza, secondo il dettato del Concilio Vaticano II).Questo saggio è stato premiato nel 2014 con la "Segnalazione di merito della Giuria al Premio Nazionale di Arti Letterarie Città di Torino, sezione inedito" e col "2° Premio al Concorso letterario Michelangelo, sezione inedito".
Guido Pagliarino aveva scritto questi due racconti lunghi, giunti ormai, con alcune varianti, a quattro edizioni, nel 1994 e nel 1995, di poco anteriormente alla proliferazione dei gialli e polizieschi italiani dietro al "fenomeno" Camilleri (com'è noto, il primo romanzo basato su Montalbano, "La forma dell'acqua", è pubblicato da Sellerio nel 1994). Sono basati sulle figure di Vittorio D'Aiazzo, commissario e poi vice questore, e di Ranieri Velli, suo aiutante e amico, personaggi che nascono nel 1991 col romanzo "Il metro dell'amore tossico" e ritornano in molti altri fin all'ultimo, un prequel, "La collera degli umiliati". In tutti l'autore ha posto in primo luogo attenzione alle psicologie e agli ambienti. Ne sono destinatari anzitutto i lettori di narrativa in generale che, pur non disdegnando opere che trattino di delitti, non abbiano gusti alla paprika; non ci si aspetti dunque racconti alla Raymond Chandler o James Ellroy o, per stare in Europa, alla Manuel Vazquez Montalban; ma neppure, d'altro canto, si attendano indagini arzigogolate, ben poco verosimili, come quelle ideate da Agatha Christie. Nel primo racconto, "D'Aiazzo e il mostro a tre braccia", ambientato nel 1959, viene picchiato a morte da ignoti un antiquario e restauratore torinese, uomo dal fisico deforme che, alla nascita, era stato abbandonato dall'ignota madre ed esposto alla carità delle suore d'un istituto religioso torinese. Dal nulla, lavorando senza posa era divenuto proprietario d'un negozio all'ingrosso e al dettaglio in zona Porta Palazzo. Le suore sue educatrici lo ricordano come persona di bontà quasi angelica e così pure è per altri come la giovanissima sua magazziniera Mariangela. Proprio il contrario affermano Giulia, avvenente e disinibita sua ex dipendente, adesso prostituta, e un altro dei suoi magazzinieri, Alfonso, e così pure è per alcuni piccoli commercianti suoi clienti: per tutti costoro, era stato un individuo furioso e vendicativo. Nel secondo racconto, "D'Aiazzo e i satanassi", che si svolge nel 1961, è ritrovato in strada da un'auto della Polizia, steso a terra sul proprio sangue, il cadavere d'un attempato piccolo industriale, il commendator Paolo Verdi, il cui giovane figlio Carlo, dottore in psicologia, è in prigione in attesa di giudizio, accusato di violenza carnale a Giuseppina Corsati, dattilografa del padre, poco più che adolescente; ma il giovane dichiara al commissario D'Aiazzo d'essere privo di colpa e ne chiede aiuto per discolparsi. In carcere egli continua a essere oggetto di brutalizzazioni da parte di alcuni altri detenuti: forse a causa del distorto senso di "giustizia" per il quale i violentatori vengono vessati da compagni di detenzione, oppure per mandato esterno di qualcuno, vero colpevole, affinché si lasci condannare senza difendersi? Dal profondo delle vicende affiorano sulfuree esalazioni, che il commissario ventilerà riuscendo entrambe le volte, o quasi, a fare giustizia.
Con questo romanzo Guido Pagliarino entra nel campo della cosiddetta teologia narrativa, che trova importanti esempi in tutta la storia della letteratura: per l'Occidente, nell'Antico e nel Nuovo Testamento e, in quest'ultimo, nel libro lucano, con cui il racconto di Pagliarino ha collegamenti, Atti degli Apostoli, un esempio di teologia narrativa e insieme di teologia discorsiva, che Luca fa esprimere dai suoi personaggi nelle loro conversazioni, come Pagliarino nel proprio romanzo. Non si tratta però soltanto di libri biblici, troviamo illustri esempi di teologia narrativa, per citare pochissimi autori fra i molti, ne Le Confessioni di Agostino e, saltando a piè pari una quindicina di secoli (Bonaventura... Kierkegaard... Newman...), nel romanzo del 1905 Il santo di Antonio Fogazzaro, a suo tempo posto all'Indice, che proponeva importanti temi teologici in forma narrativa, costituendo un episodio importante della gran vertenza, poi rientrata col concilio Vaticano II, sul cosiddetto Modernismo. D'altra parte, così come troviamo nella Bibbia tanti casi di narrazione teologica, tal forma letteraria non può di certo mancare in opere di scrittori ebrei, anche contemporanei, ad esempio in quelle di Elie Diesel, deportato adolescente ad Auschwitz e Buchenvwald e sopravvissuto, per poi testimoniare la propria esperienza (come Primo Levi) nel romanzo autobiografico d'esordio La Notte del 1958, in cui esprime riflessioni penetranti sull'esistenza di Dio, come ancora farà nei lavori successivi; ma se vogliamo, possiamo trovare teologia nelle stesse narrazioni di Franz Kafka che affronta con angoscia l'argomento del male contrapposto al Bene e per il quale, tra le letture possibili, il medesimo male è quanto svia dal Bene affinché l'essere umano sia messo alla prova, mentre il Bene, cioè il Dio biblico, resta del tutto silente attendendo che la persona si purifichi nel crogiolo della sofferenza, in primis quella dell'angoscia. Protagonista del romanzo di Pagliarino è il giovane Marco, il futuro autore del Vangelo di Gesú Cristo Figlio di Dio, anzi l'inventore del genere letterario del tutto originale vangelo: Nel 28 d.C. Gionata Paolo, padre di Marco, è ucciso quando questi ha tredici anni, durante un viaggio d'affari alla città di Perge. Il ragazzo vorrebbe cercarne gli assassini ma ne è trattenuto dal divieto della madre, Maria la vedova, che non vuole che il suo unico, giovanissimo figlio rischi inutilmente la vita. La borsa del morto non è stata sottratta, difficile quindi pensare a un omicidio per rapina. Queste le domande che Marco si pone: Immorale concorrenza negli affari sino all'omicidio? Un banale litigio sulla via finito tragicamente? O forse è stato uno di quei fanatici patrioti ebrei detti zeloti che l'ha punito perché era divenuto cittadino di Roma? Col trascorrere degli anni, il desiderio del giovane di fare giustizia, nei primi tempi vivissimo, s'è lenito. È quindi inaspettatamente che, diciotto anni dopo, Marco fa uno sconvolgente sogno: in un arido paesaggio sconosciuto, suo padre esce da una fossa e lo esorta a visitare la sua tomba e a cercare chi l'ha ucciso: è stato così reale quel sogno che Marco lo considera una visione mandata da Dio e ne rimane gravemente turbato: il dolore per la perdita del genitore torna altissimo, come nel giorno in cui era giunta la ferale notizia. Approfittando d'un viaggio missionario degli amici Barnaba e Paolo, che toccherà anche la città di Perge, Marco li accompagna e inizia la sua indagine, che giungerà oltre la scoperta degli assassini del padre, fino alla rivelazione, per lui, del senso stesso dell'esistenza.
Nel romanzo "Il metro dell'amore tossico" (metro in senso poetico) il poeta e scrittore Ranieri Velli, tornato a casa un giorno del luglio 1969, trova nella sua cassetta delle lettere un plico, inviato da New York, che lo informa dell'assegnazione di un importante premio letterario assegnatogli per il suo lavoro poetico tradotto negli Stati Uniti. Poco dopo vengono compiuti attentati alla sua vita, senza successo grazie alle capacità atletiche e marziali del bersaglio che, in passato, aveva prestato servizio in Polizia. Forse si tratta di tentativi di vendetta da parte di uno dei tanti criminali che Ranieri aveva assicurato alla giustizia prima di dimettersi? Oppure, com'egli finisce col sospettare, ne è motivo proprio il premio letterario? O, cosa ancora più sorprendente, la causa potrebbe essere una silloge di sue poesia recentemente stampata a sua insaputa? La soluzione del caso arriverà solo verso la fine del romanzo, quando Ranieri Velli, salvato all'ultimo momento dal suo amico fraterno, il vice questore Vittorio D'Aiazzo, sarà aggredito e brutalmente torturato dall'imprevedibile architetto d'un colossale piano criminale di cui il poeta è stato involontaria pedina.In appendice si può leggere il racconto "Il compianto D'Aiazzo", le cui vicende sono di poco successive a quelle del romanzo: I media riportano l'assassinio del vice questore Vittorio D'Aiazzo. La vittima, secondo tutte le indicazioni, risulta essere, contro ogni aspettativa, un individuo dalla doppia personalità, un onestissimo funzionario della Questura di Torino e un criminale sleale a Napoli, sua città natale. Il suo amico Ranieri non lo può ammettere: convinto della integrità dell'amico, inizia a indagare.
Nell'anno 1530 Paolo Grillandi, giudice pontificio presidente del tribunale secolare di Roma, intraprende un'indagine sopra un torbido omicidio e un infame rapimento riuscendo, via, via, a illuminare oscure azioni di personaggi eccellenti dediti al satanismo, all'assassinio e alla sessualità più bestiale, e assicurando infine alla giustizia, ma non senza grave scotto personale, gli autori non d'uno soltanto, ma d'una lunga serie di delitti, individui scellerati che, secondo i criteri legali del tempo, saranno da lui condannati a morte sul rogo; ma intanto lunga, pericolosa, non priva di attentati alla sua vita è la strada che il magistrato deve percorrere per trovare le prove. Parallelamente egli si converte da spietato cacciatore di streghe a uomo di dubbio e di compassione in seguito a certe esperienze e incontri. Nel clima della caccia alle streghe rinascimentale, tra vari colpi di scena fino alle ultime pagine, il lettore incontra, fra l'altro, un duello alla spada con il diavolo in persona, il sacco di Roma, filosofi e maghi gnostici, schiave, briganti, santi e indemoniati, in un'Italia ormai prossima al Concilio di Trento, diversa da quella odierna eppure, per non pochi aspetti, simile.
La silloge raccoglie racconti di varia lunghezza stesi in anni diversi, dal 1991 al 2017. Il lettore incontra stringhe cosmiche, universi paralleli, passaggi nel tempo e alternauti, esperimenti scientifici antiumani, schiave cyborg e altro ancora, in un futuro non lontano, anzi che almeno in germe è già qui, con miserie sociali come l`indigenza di pensionati, l`uso economico della persona da parte di oligopoli, grazie soprattutto alla tecnologia, l`abuso dell`essere umano nel corso d`una ricerca scientifica non umanistica e fine a sé stessa o agl`interessi di gruppi. Nel primo racconto, LA BUONA E LA CATTIVA SCIENZA, il professor avvocato Osvaldo M., giureconsulto docente di Diritto Internazionale Pubblico, s'è rassegnato a dimettersi dall'università, cancellarsi dall'albo e concludere la vita ospite d`una clinica residenziale per afflitti da una delle malattie neuro degenerative Parkinson, Alzheimer o Pick: quest`ultimo è il male che l`ha colpito, non ancora sessantenne; ma ecco che gli si prospetta, forse, la guarigione, da parte di qualcuno che mai egli avrebbe sospettato esistere. Un angelo? Un diavolo? No, tutt`altri. In I DUE UNIVERSI MONDI DI F. il protagonista F. incontra un diavolo che lo truffa e, tuttavia, gli concede la conquista del mondo; e tuttavia... TEMPO GALANTUOMO parla d`un appassionato di parapendio ex paracadutista militare che è in coma in ospedale, da molti decenni, per una disgrazia in montagna; è ormai vecchio, eppure sua moglie è rimasta giovane come la mattina dell`incidente. Incidente? In DOLCE MORTE un vecchio pensionato quasi povero è obbligato a partecipare a un esperimento sociale assai dubbio, di notte, per strada, in una città resa semibuia, nel rischio di perdere la sua pensione in multe pesantissime dovute a sue mancanze del tutto insignificanti, secondo regole assurde; sulla via non riceve aiuto da nessuno, nemmeno da un vecchio amico suo coetaneo che incontra, nel semibuio, amico che ha l`apparenza d`un pimpante quarantenne. In L`OTTIMA SANITÀ PUBBLICA entra in gioco un`ipotetica, prossima sanità pubblica perfettamente funzionante "Tutti i problemi sono stati risolti!" afferma pomposo il ministro della salute, rivolgendosi ai cittadini dalla TV pubblica; già ma... come si è giunti al luminoso risultato? Nel racconto PIÙ NESSUNO CREDEVA ALLA TRIADE CAPITOLINA, un uomo di cui non sappiamo nulla si sveglia in un gran cottage da cui non è possibile uscire; egli è completamente solo, la casa è circondata da belve che tentano d`entrare... Chi l`ha fatto finire là dentro? Perché? Diciamo solo: nessun rapporto con noti film giallo-horror di rapimento e detenzione. La storia breve DONNA, ANZI CYBORG ha come protagonista la moglie artificiale, d`intelligenza geniale, d`un vecchio sporcaccione maschilista quasi sciocco. Nel racconto altrettanto breve QUESTIONE DI PROSPETTIVA, leggiamo d`una esploratrice e guerriera d`un mondo a noi lontano che accorre in aiuto della propria gente aggredita da nemici, giunge in piena battaglia e fa per buttarsi nella pugna; ed ecco apparire, incombenti sulle due stirpi in lotta, due esseri colossali...
Nell'anno 1530 Paolo Grillandi, giudice pontificio presidente del tribunale secolare di Roma, intraprende un'indagine sopra un torbido omicidio e un infame rapimento riuscendo, via, via, a illuminare oscure azioni di personaggi eccellenti dediti al satanismo, all'assassinio e alla sessualità più bestiale, e assicurando infine alla giustizia, ma non senza grave scotto personale, gli autori non d'uno soltanto, ma d'una lunga serie di delitti, individui scellerati che, secondo i criteri legali del tempo, saranno da lui condannati a morte sul rogo; ma intanto lunga, pericolosa, non priva di attentati alla sua vita è la strada che il magistrato deve percorrere per trovare le prove. Parallelamente egli si converte da spietato cacciatore di streghe a uomo di dubbio e di compassione in seguito a certe esperienze e incontri. Nel clima della caccia alle streghe rinascimentale, tra vari colpi di scena fino alle ultime pagine, il lettore incontra, fra l'altro, un duello alla spada con il diavolo in persona, il sacco di Roma, filosofi e maghi gnostici, schiave, briganti, santi e indemoniati, in un'Italia ormai prossima al Concilio di Trento, diversa da quella odierna eppure, per non pochi aspetti, simile.
È opinione dell'autore che non sia possibile, a causa della personale visione ontologica del mondo, a qualsivoglia uditore o lettore ovvero autore di conferenze o saggi sull'argomento persona, tanto che si tratti di credente quanto d'agnostico o ateo, essere del tutto obiettivo nonostante l'opposta intenzione. C'è chi afferma di sé il contrario. Può darsi, ma nel discorrere dell'essere umano non è mai successo al medesimo autore d'avvertire piena oggettività nell'interlocutore; e naturalmente, nemmeno in sé. Una cosa è per lui sicura, che sui terreni del creazionismo, dell'evoluzionismo credente - su cui dichiara di situarsi - e di quello agnostico-ateo - darwinismo in senso proprio - fioriscono pregiudizi e imprecisioni. Ad esempio, si sentono pronunciare i termini "evoluzionismo" e "darwinismo" come se fossero sinonimi mentre le teorie evoluzioniste sono molteplici; il lettore ne troverà nel secondo capitolo un veloce pro-memoria storico. Prima però sarà richiamato quell'atto di pura fede esistenziale che tutti, atei compresi, compiono nella vita, e s'accennerà alla collocazione delle varie correnti religiose rispetto alla teoria dell'evoluzione: un poco ci si dilungherà sulla situazione nell'Islam, perché verosimilmente la meno nota, ma in corpo grafico minore con l'invito a passar oltre se l'argomento non interessasse. Si tratterà quindi del significato del termine caso e si richiameranno in un capitoletto le accuse più comuni rivolte a Dio dagli atei ieri come oggi. Nel quarto capitolo si rammenterà che, a base della ricerca scientifica, c'è sempre una posizione filosofica e a volte anche teologica o, addirittura, visceralmente ideologica. S'andrà poi al creazionismo e alle sue argomentazioni che, al di fuori di certi circoli fondamentalisti, non consistono in richiami biblici, ma in considerazioni scientifiche. Si tornerà all'evoluzionismo e in particolare alla teoria degli equilibri punteggiati, combattuta, a quanto pare, dai creazionisti e vista invece con simpatia da evoluzionisti credenti e no. Si presenterà poi il sentire sull'evoluzione di alcuni degli ultimi Papi a far capo dalla metà del XX secolo, richiamando successivamente l'antropologia dei due più noti teologi evoluzionisti cristiani del XX secolo; e si chiuderà con l'entusiasmante prospettiva della divinizzazione dell'uomo, non però in quanto specie Homo sapiens sapiens come vorrebbe certa teologia, ma come singolo essere umano grazie a quella che si può dire, per similitudine, l'evoluzione del cuore.
Le parole anima e animo non hanno, sempre e comunque, lo stesso significato e nemmeno riguardano, in ogni caso, le medesime sfere - umana e divina. Questo saggio è un excursus divulgativo sui concetti di anima, animo e persona presso il Giudaismo antico, la filosofia platonica, aristotelica e neoplatonica, il Cristianesimo delle origini e quello ellenizzato. Nella prima parte dell'opera sono trattate le idee di spirito-animo e di anima-psiche secondo il pensiero greco antico, in particolare quello di Platone, Aristotele e Plotino, filosofi che influirono sul sentire cristiano e, in generale, sulle dottrine occidentali. L'appello alla Grecia da parte cristiana ebbe storicamente uno scopo contingente, evangelizzare greci e romani e controbattere le eresie gnostica e manichea; però il Cristianesimo non si spogliò più di quel manto culturale, l'ellenizzazione della dottrina cristiana rimase permanente, pur non essendo il Dio neotestamentario, o non essendo soltanto, il Bene assoluto di Platone o la Migliore delle sostanze d'Aristotele o l'Uno ineffabile e superiore all'essere di Plotino, ma un Ente peculiare. D'altro canto, la filosofia greca non è del tutto estranea alla Bibbia, al di là dell'idea non biblica di anima spirituale immortale; sotto altri aspetti l'incontro fra il pensiero ellenico e la Bibbia precedette i libri del Nuovo Testamento e di già influì sugli ultimi dell'Antico, scritti fra II e I secolo a.C.: fu in conseguenza della conquista macedone di Palestina ed Egitto, Paese questo che fu luogo di traduzione dall'ebraico al greco del Primo Testamento e della formazione di alcuni degli ultimi suoi testi - considerati peraltro apocrifi dai protestanti -, alcuni dei quali, verosimilmente, furono stesi direttamente in greco. La fusione tra pensiero ellenico e messaggio biblico non fu dunque una semplice coincidenza. Nella seconda parte dell'opera si discorre di persona, in anima e corpo, e di spirito secondo il Giudaismo farisaico e il Cristianesimo. Per la teologia cristiana i concetti di anima, corpo e animo - o spirito - coesistono in un solo Ente quali suoi attributi personali, cioè solo in Dio; non così è per l'essere umano, che è persona composta da anima e corpo, pur essendo sì presente in lei lo spirito, ma non suo personale, bensì lo Spirito di Dio stesso. A differenza che nel credo cristiano, nelle altre religioni monoteiste Dio è solo Spirito, non ha anche l'anima umana e men che mai un corpo, in altre parole egli non è, come invece il Dio cristiano nel suo stesso immutabile Essere eterno, pure uomo in corpo e anima, peraltro in forma gloriosa spirituale, non materiale, non ha cioè due coscienze, una divina e una umana: non è vero che "tutti i credi religiosi, in fondo, s'equivalgono", ma molte persone non hanno ben presenti le distinzioni predette e considerano anche il Dio del Nuovo Testamento come una figura solo divina, eterna, onnipotente, onnisciente, analoga alla divinità non trinitaria degli altri monoteismi.
Nell'anno 1530 Paolo Grillandi, giudice pontificio presidente del tribunale secolare di Roma, svolge un'indagine sopra un torbido omicidio e un infame rapimento riuscendo, via, via, a illuminare oscure azioni di personaggi eccellenti dediti al satanismo, all'assassinio e alla sessualità più bestiale, e assicurando infine alla giustizia, ma non senza grave scotto personale, gli autori non d'uno soltanto ma d'una lunga serie di delitti, autori che, secondo i criteri legali del tempo, saranno da lui condannati a morte sul rogo; ma intanto lunga, pericolosa, non scevra di attentati alla sua vita è la strada che il magistrato deve percorrere per trovare le prove. Parallelamente egli si converte da spietato cacciatore di streghe a uomo di dubbio e di compassione in seguito a certe esperienze e incontri, in primo luogo grazie al giovane, coltissimo vescovo Micheli che, fra i pochi in quell'epoca tra gli ecclesiastici, combatte il fanatismo nel nome dell'amorevole Ragione divina. Nel clima della caccia alle streghe rinascimentale, tra vari colpi di scena fino alle ultime pagine, il lettore incontra, fra l'altro, un duello alla spada con il diavolo in persona, il sacco di Roma, filosofi e maghi gnostici, schiavi, briganti, santi e indemoniati, in un`Italia ormai prossima al Concilio di Trento, diversa da quella odierna eppure, per certi aspetti, simile. Agiscono nel romanzo, storico ma con aspetti polizieschi, grandi figure passate alla Storia e personaggi storici minori come l'avvocato Ponzinibio, avversario delle violenze attuate tanto dall'Inquisizione cattolica che dai tribunali religiosi protestanti e la cui immagine prelude, con grande anticipo, a quelle di avversari della pena di morte come il Beccaria; e figure reali come l'indemoniato Balestrini e il terribile inquisitore domenicano Spina. Lo stesso protagonista Grillandi è personaggio storico, anche se in realtà si trattò d`un fanatico avvocato accusatore di streghe e non d`un giudice pontificio. Fra i personaggi immaginari c`è Mora, giovane, sottomessa amante del giudice la quale nasconde tremendi, travagliati segreti, figura non secondaria visto che proprio da lei il magistrato riceve la piena soluzione del caso. Personaggi di fantasia sono inoltre l'ambiguo cavalier Rinaldi e il luciferino principe di Biancacroce, figura questa sempre incombente dallo sfondo e mai in primo piano come s'addice ai gran burattinai: una sorta di nascosto capo mafioso avente a suo vice il non occulto Rinaldi. Anche il vescovo Micheli è personaggio d'invenzione, tuttavia è immagine degli alti prelati realmente vissuti, Pole, Sadoleto e Morone che furono accusati d'eresia dall'Inquisizione perché predicavano la carità evangelica contro le violenze degl`inquisitori; e pure di fantasia sono i personaggi del parroco (piovano) di Grottaferrata, del sicario Trallo, dello spadaccino Fuentes Villata, del capo brigante e fratello di Marietta, del giudice Salati e del tenente Rissoni. Nel romanzo è richiamata la mentalità del XVI secolo, infatti, come gli storici ben sanno, nel guardare al passato bisogna tralasciare, il più possibile, il sentire contemporaneo, perché altrimenti si rischierebbero giudizi astorici; per esempio, la pena capitale, oggi, è normalmente giudicata cosa atroce, nel '500 e ancora per molto tempo era considerata ovvia punizione e si pensava che l'assassino pentito scontasse con la morte tutti i suoi peccati, salendo subito al Paradiso; così il personaggio del vescovo Micheli non arriva, pur nel suo idealismo, a opporsi alle condanne a morte di assassini, anzi approva la pena del rogo inflitta ai componenti la cosca criminale satanica scoperta e arrestata, verso la fine del romanzo, dal protagonista giudice Grillandi.Nota per la traduzione: L`opera originale in italiano ha volutamente, in qualche luogo, parole arcaiche, però l`autore ne ha steso anche una versione identica ma nella quale le parole antiquate sono sostituite da vocaboli contemporan
Dalla prefazione dell'autore: Avevo scritto questi due racconti lunghi, o romanzi brevi, nel 1994 e nel 1995, di poco anteriormente al sorgere della moda del giallo e poliziesco italiani, lavori basati sulle figure di Vittorio D'Aiazzo, commissario e poi vice questore, e di Ranieri Velli, suo aiutante e amico, personaggi che, l`uno o entrambi, ritornano in altri miei romanzi e racconti; l`ultimo romanzo sul D`Aiazzo è uscito, per i tipi dell`Editrice Genesi (2017) e di Tektime Editore (2018), rispettivamente in formato cartaceo e nei formati e-book: è il prequel "L`ira dei vilipesi" ambientato durante le 4 Giornate di Napoli nel 1943. Sempre, in questi lavori ho prestato in primo luogo attenzione alle psicologie e agli ambienti, questi tutti del passato più o meno recente con qualche nostalgia per quella Torino della mia adolescenza e giovinezza che più non esiste. Ne erano e sono destinatari i lettori di narrativa in generale che, pur non disdegnando opere che trattino di delitti, non abbiano gusti alla paprika; non ci si aspetti dunque racconti alla Raymond Chandler o James Ellroy o, restando in Europa, alla Manuel Vazquez Montalban; ma neppure, d`altro canto, si attendano indagini arzigogolate, ben poco verosimili, come quelle ideate da Agatha Christie. L'azione del paio di racconti inclusi in questo libro si svolge in un periodo ancora pre-cibernetico, tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60 dello scorso secolo [...]. Era un'epoca in cui non c'erano ancora il personal computer e il telefonino, tutte le famiglie avevano la radio ma pochissime la televisione, in bianco e nero, canale RAI unico: però senza pubblicità, a parte il simpatico e oggidì quasi leggendario "Carosello". Una Torino, insomma, in cui un investigatore poteva ancora operare quasi come i suoi colleghi dei gialli e polizieschi classici europei anni '20-50. Nel primo racconto, "D`Aiazzo e il mostro a tre braccia", viene picchiato a morte da ignoti un antiquario e restauratore torinese, Tarcisio Benvenuto, uomo dal fisico deforme che, alla nascita, era stato abbandonato dall'ignota madre ed esposto alla carità delle suore d'un istituto religioso torinese. Dal nulla, lavorando senza posa era divenuto proprietario d'un negozio all'ingrosso e al dettaglio in zona Porta Palazzo [...]. Nel secondo racconto, "D`Aiazzo e i satanassi", steso a terra sul proprio sangue è ritrovato per istrada, da una camionetta della Polizia, il cadavere d'un attempato piccolo industriale, il commendator Paolo Verdi, il cui giovane figlio Carlo, dottore in psicologia, è in prigione in attesa di giudizio, accusato di violenza carnale a Giuseppina Corsati, dattilografa del padre poco più che adolescente; ma egli dichiara al commissario D'Aiazzo d'essere privo di colpa. In carcere è fatto oggetto di brutalizzazioni da parte di altri detenuti [...]. Di certo la deflorazione di Giuseppina c'è stata, ne presenta i segni, però non potrebbe, forse, la famiglia di lei aver architettato la violenza per averne un risarcimento finanziario? [...]. Intervengono nella storia il poco intelligente Carlone che aveva avuto in passato nascosti legami con papà Verdi, e un filosofo libero docente all'Università di Torino ed ex ufficiale nella Repubblica di Salò, presso il cui fratello, che ben diversamente era stato membro del Comitato di Liberazione Nazionale, lavora quale cameriera l'ambigua Luciana Corsati, madre di Giuseppina. Dal profondo della vicenda affiorano anche parlamentari tutt'altro che adamantini e, a un certo punto, ne emana una sulfurea esalazione infernale che il commissario ventilerà riuscendo, o quasi, a fare giustizia.
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