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La vita di Emilio Cèrnigoj viene sconvolta per sempre un giorno qualsiasi, quando, di ritorno verso casa, incappa in una donna misteriosa che sostiene di essere sua figlia. Da quel momento l'esistenza di Emilio inizia a correre su due binari paralleli: da un lato c’è la sua vita come bravo padre di famiglia nella Trieste del 1993; dall’altro c’è il sé stesso giovane, impegnato a studiare all’Università di Lubiana nel 1953. È l’inizio di una storia che costringerà il protagonista a fare un bilancio degli anni trascorsi, ripensando ai tempi andati e alle tante figure che hanno popolato la sua giovinezza. Con lo stile asciutto e il forte senso del tragico che lo hanno consacrato come uno degli autori istriani più significativi, Fulvio Tomizza affida alle pagine di questo bel romanzo la delicata missione di ricostruire un passato scomodo, senza tacere né della vigliaccheria né della capacità che gli esseri umani hanno di amare... Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Un’anima duplice, divisa e lacerata, è quella del remoto Nordest: terra di frontiera, di confini a volte labili, a volte impenetrabili. Territorio di amicizie insperate e di odio indescrivibile, l’Istria è narrata ancora una volta in tutta la sua complessità.Pubblicata postuma nel 2000, "La casa col mandorlo" è una raccolta di racconti paradigmatica dell’intera produzione letteraria di Fulvio Tomizza. Sospesi costantemente fra la cronaca delle vicende istriane e momenti di autentico lirismo, questi testi offrono innumerevoli spunti di riflessione. Fulcro simbolico dell’intera impalcatura che sorregge i racconti è la metafora del mandorlo, albero da frutto tipico dell’Istria, che si ritrova trapiantato, come uno straniero in una terra ignota, nel bel mezzo dell’agro friulano. Resiliente come soltanto un albero potrebbe essere, la pianta si configura come l’emblema di un’identità profonda, le cui radici sono state strappate brutalmente, ma che all’occorrenza può ancora dare i suoi frutti. Fosse anche a distanza dalla propria patria martoriata... Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
L’amicizia fra bambini e animali trascende ogni altra cosa!Gemma e Nino sono una giovane coppia desiderosa di allargare la famiglia con la nascita di un figlio. Al prolungarsi dell’attesa, però, i due sembrano perdere la speranza di poter coronare il proprio sogno. Si ritrovano così ad adottare un cucciolo di cane, Trick, che per un po’ riporterà la serenità in casa. Paradossalmente, sarà proprio l’inaspettato arrivo del piccolo Aurelio ad alterare definitivamente l’equilibrio così raggiunto! Ben presto il povero Trick si vede messo da parte, dimenticato dai suoi amati padroni. Almeno fino a quando Aurelio, una volta diventato più grande, riscopre nell’amicizia del fedele quadrupede un bene impagabile... Nata come favola per bambini, ma dotata di quel manto di malinconia che la rende adatta a qualunque lettore, "Trick. Storia di un cane" è non soltanto uno dei libri più celebri di Tomizza, ma anche uno dei più commoventi. Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Di fronte ai meccanismi misteriosi della Storia, gli esseri umani sembrano soltanto esili granelli di polvere. Ma sentimenti come l’amore e l’amicizia, spesso, possono trascendere anche il destino più tragico...Fulvio Tomizza, autore di una struggente Trilogia Istriana che racconta l’esodo drammatico dei profughi istriani dopo la Seconda guerra mondiale, è stato un romanziere di rara sensibilità, cantore della semplicità e dei sentimenti più archetipici di un’umanità che, nonostante le circonvoluzioni della grande Storia (sì, quella con la "s" maiuscola!), sembra ritornare sempre a una genuinità apparentemente smarrita. I due protagonisti del romanzo "L’amicizia", pubblicato per la prima volta nel 1980, sono rispettivamente un contadino istriano e un giovane borghese triestino. Il loro legame, avversato dalle vicissitudini sociali della loro epoca, si risolve invece in un’insperata amicizia: una di quelle che lasciano sempre un barlume di speranza... Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
"Eravamo in guerra, continuavamo a trovarci in piena guerra per l'eterna questione dell'essere italiani e dell'essere slavi, quando in realtà non eravamo che bastardi...".È probabile che "La miglior vita" sia, insieme alla Trilogia Istriana, l’opera più nota di Fulvio Tomizza. Aggiudicatosi il Premio Strega nel 1977, il romanzo segue le vicende di una piccola comunità istriana, nel paesino di Radovani, di fronte ai tremendi cambiamenti indotti dalla Seconda guerra mondiale. Quella che era sempre stata una convivenza multietnica pacifica, infatti, si rivela pian piano una polveriera. A documentare la vita paesana, scandita dal lavoro e dall’umiltà, è il locale sagrestano, Martin Crusich, che si trova di fronte a un bivio terribile: restare o scappare? Una storia di cambiamento e coraggio, di amore patrio e amicizia interetnica, che non smette mai di insegnare qualcosa.Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Il dramma dell’emigrazione sulla pelle di una madre con il neonato al seno: una raffigurazione senza tempo, emblema della sofferenza di tutte quelle persone che sono costrette a lasciare la propria terra in cerca di un futuro migliore...Secondo volume della celebrata Trilogia Istriana, "La ragazza di Petrovia" è un romanzo che racconta la delicata fase di inserimento delle migliaia di profughi istriani nell’Italia appena uscita da un disastroso conflitto mondiale. Ammassati nei cosiddetti "campi di raccolta", questi italiani, sfuggiti a Tito e alle rappresaglie antifasciste, scopriranno di non essere affatto i benvenuti. Protagonista del romanzo è Giustina, giovanissima profuga che si ritrova a dover portare avanti la gravidanza nonostante un contesto sociale così drammatico. Un libro che racconta la tragedia eterna dell’emigrazione, dell’intolleranza e dell’odio, riportando a galla eventi storici che l’opinione pubblica italiana ha scelto di dimenticare troppo presto.Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Puoi fuggire dalla guerra, dalla fame e dalla distruzione della patria, ma non puoi allontanarti dalle nefandezze del tuo spirito... Pubblicato per la prima volta nel 1990, "I rapporti colpevoli" è un romanzo parzialmente autobiografico, attraverso cui Fulvio Tomizza ripercorre mezzo secolo di vicissitudini famigliari nella sciagurata terra di confine dell’Istria. Al centro della narrazione – affidata fittiziamente al fratello del protagonista – c’è il matrimonio fra Flavio ed Ester, funestato dai continui tradimenti di lui ma sorretto dall’amore incondizionato di lei. Sullo sfondo dei crudeli sviluppi geopolitici del Novecento, che vedranno il comune di Giurizzani entrare a far parte della neocostituita Jugoslavia di Tito, il racconto dipinge un affresco, tanto vivido quanto cinico, di un’esistenza sospesa fra più poli: più case, più patrie, più amori...Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
"L' Italia è un'espressione geografica." Principe Klemens von MetternichIn questo romanzo semiautobiografico, uno scrittore di mezza età si trova in più occasioni a passare per i territori della Dalmazia, costringendosi a riflettere sulla storia della regione e sulle proprie vicende famigliari. Il narratore – così come Tomizza – è originario dell’Istria, ma ha remote ascendenze dalmate. Chiamato a tenere alcune conferenze a Zara, lo scrittore entra in contatto con alcune personalità di spicco della politica locale e, nel corso di qualche anno, assiste al cambio di regime jugoslavo, ai primi vagiti di un nazionalismo rimasto a lungo silente e, quindi, alla guerra. Una guerra doppiamente infame, che contrappone vicini di casa e amici di lunga data, ma che segna, al contempo, il concretizzarsi di antiche spinte autonomiste. Un romanzo che aiuta a capire i Balcani e la loro complessa storia, grazie allo sguardo sensibile di un grandissimo scrittore di frontiera... Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
A volte la verità è così ovvia da nascondersi meglio di qualsiasi improbabile segreto... In un’inedita – almeno per Tomizza – commistione fra romanzo storico e giallo, "Gli sposi di via Rossetti" racconta la vicenda di un misterioso duplice omicidio e dell’indagine, condotta privatamente e a distanza di anni, da uno scrittore interessato alla cronaca locale. A monte di tutta la vicenda c’è Trieste nel 1944, occupata dalle truppe tedesche e coinvolta suo malgrado in una guerra sanguinosa. Sullo sfondo del terribile conflitto etnico fra italiani e sloveni, una giovane coppia viene trucidata, apparentemente senza motivo. Il mistero della morte dei due sposi, tuttavia, si perde fra le molte vicissitudini della guerra e degli anni successivi. Almeno fino a quando lo scrittore, negli anni Settanta, non trova un plico di lettere enigmatiche, che potrebbero fare nuova luce su quel vecchio caso dimenticato... Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Per raccontare la luce è necessario aver soggiornato a lungo nell’ombra...Pubblicata per la prima volta nel 1974, "Dove tornare" è un’opera particolare all’interno della variegata produzione letteraria di Fulvio Tomizza. Sotto certi aspetti, lo si potrebbe considerare il quarto romanzo della serie dedicata al proprio alter-ego Stefano Markovich, se non fosse che questo non è un romanzo. Si tratta piuttosto di un quaderno di riflessioni, strutturato attorno a quattro lettere, più o meno vere, indirizzate a una professoressa boema, cattolica dissidente, che l’autore considera un’anima affine. Si parla di Mitteleuropa, di case di campagna e di amicizie romane, senza che venga mai meno – neanche una volta – l’occhio divertito e al contempo indagatore di Tomizza, che qui si offre ai lettori in tutta la propria sincera fragilità. Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
A volte, per capire il formicaio, conviene concentrarsi sulle sorti di una singola formica..."Franziska" è probabilmente uno dei romanzi più rappresentativi della poetica di Fulvio Tomizza, già autore, negli anni Sessanta, di una toccante trilogia sui profughi istriani del secondo dopoguerra. Ambientato fra il 1900 e il 1943 in quella che allora si definiva Venezia Giulia, esso segue le sorti di Frančiška Jožefa Skipac, figlia di un umile falegname slavo di San Daniele del Carso. Nel corso della sua movimentata esistenza, funestata dall’assenza di un grande amore ma ricca di eventi e di affetti, Franziska vedrà due guerre mondiali, il crollo dell’antico impero asburgico, l’ascesa del fascismo e di Tito e la resistenza. Ma, più di ogni altra cosa, vedrà il delicato equilibrio di una convivenza multietnica, vecchia di secoli, infrangersi drammaticamente contro la Storia del Novecento... Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Partire, lasciarsi tutto alle spalle e provare a ricostruirsi un’esistenza dignitosa lontano dai mali della vita: la storia più vecchia del mondo, forse, ma anche la più attuale... Frutto di una rigorosa ricerca storica nell’Archivio di Stato di Venezia, "L’abate Roys e il fatto innominabile" ci trascina in un XVI secolo caotico e disastrato. Le antiche reti d’informazione dell’hinterland veneto – che, fin dal Medioevo, facevano capo a uno stuolo di abbazie, attivissime nella gestione del territorio – iniziano in quest’epoca a vacillare. Le notizie sembrano svanire nel nulla, sommerse da un paesaggio inclemente che impedisce loro di muoversi di villaggio in villaggio. È proprio approfittando di questa fortuita circostanza che la protagonista, Cecilia de Facchi, spera di potersi lasciare alle spalle un’ignobile vita da prostituta... Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Dev’esserci un motivo se la caducità della natura viene spesso, metaforicamente, accostata a quella dell’amore... In una Trieste autunnale, il giovane istriano Stefano Marcovich è ospite presso la prestigiosa famiglia dei Cohen. La figlia Miriam, destinata a diventare sua moglie, si staglia come un faro di stabilità in mezzo a un mare di avventure erotiche sconclusionate, che trascinano continuamente Stefano nel baratro dell’adulterio. L’amore per – e di – Miriam, tuttavia, è più forte di ogni altra cosa: non è solo complicità, affetto, attrazione fisica. Esso, al contrario, è tutto ciò che può essere la natura umana: necessità di sicurezza, ricerca dell’ignoto, paura e disperazione. Con questo romanzo straordinario, che studia l’amore con disincanto e sensibilità, Fulvio Tomizza trasmette a chi legge una celebrazione senza tempo, tanto sincera quanto vivida, del fenomeno più enigmatico fra tutti.Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Quando si dice che i sogni sono più grandi di noi.Una misera pulce, dal nome inequivocabile di Saltellina, sogna di poter diventare una grande cantante lirica. Ogni sera fa in modo di assistere a uno spettacolo teatrale, esercitandosi con impegno nella difficile arte del bel canto ma scimmiottando, al contempo, i tipici capricci delle dive. Un ragno, un millepiedi e una zanzara, tuttavia, hanno una sorpresa in serbo per lei...Fulvio Tomizza, oltre a essere stato romanziere e drammaturgo di straordinaria qualità, ha anche firmato alcune fra le più belle pagine di narrativa per l’infanzia che l’Italia ricordi. "Anche le pulci hanno la tosse", a questo proposito, è forse la sua favola più emblematica. Sebbene espressamente rivolta a un pubblico di bambine e bambini, essa non manca di colpire anche il lettore adulto, senz’altro non immune all’ironia e al sottile cinismo che vi si trovano nascosti. Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Dicono che le opere compiute determinino la grandezza di un uomo: ma forse, più ancora di quelle, sono le occasioni mancate, i rimpianti e le trasgressioni a definirlo maggiormente... Con questa full-immersion nella mente e nella sensibilità di Fulvio Tomizza – testimone inestimabile dell’esodo istriano di metà Novecento e scrittore di rara lucidità – non è possibile rimanere indifferenti. I testi qui raccolti sono stati gli ultimi ad essere effettivamente selezionati dall’autore, morto, fin troppo precocemente, nel 1999. Vi si trova di tutto: dai pensieri e le aspirazioni giovanili alle cupe divagazioni della maturità (segnata da un’ostinata chiusura in sé stesso), dalle meditazioni politiche a quelle morali. Di fronte a chi legge si staglia così un monumento al Tomizza uomo a tutto tondo: italofono di ascendenza contadina in un’Istria destinata ad essergli strappata; marito complicato e incostante, ma capace di un amore assoluto quanto disperato; cittadino del mondo, pellegrino intellettuale e avventuriero sentimentale. Insomma, umano, umano, troppo umano... Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Tradizioni antiche e tragedie moderne si intrecciano nel dramma inesorabile di una famiglia...Portata in scena una sola volta, nel 1963, al Teatro Stabile "Città di Trieste", "Vera Verk" è la prima pièce scritta da Tomizza. Suggestionato da una storia sentita da bambino – intrisa di pathos popolare e di folklore slavo – l’autore istriano mette così in scena un dramma dal sapore ancestrale, che vede al centro delle vicende la figura tragica di Vera Verk. Siamo nel Carso, in un paesino anonimo degli anni Trenta. La giovane Vera viene data in sposa a un vecchio invalido, ma sembra non poter resistere al richiamo della carne. Il frutto del suo adulterio, consumato col cognato Svaldo, sarà la piccola Rosa. Il senso dell’opera sta tutto nel destino, apparentemente ineluttabile, della figlia di Vera, che di lì a qualche anno sarà chiamata a sposare, in un matrimonio inconsapevolmente incestuoso, il figlio legittimo di Svaldo... Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Cosa c’è di più vero, intrigante e spaventoso dei sogni?In una tensione continua fra realtà e illusione, fra lucidità e smarrimento, questi racconti di Fulvio Tomizza offrono uno sguardo inedito sul suo vissuto, su un’interiorità tormentata dall’esilio involontario, dalla guerra, dalla morte e dall’odio. Scegliendo di raccontarci alcuni suoi sogni – che parlano al lettore di nostalgia, di amore e di malinconia – il grande scrittore istriano offre un’ennesima prova del suo valore portando alla luce storie eterne, tragiche e profonde...Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
La tragedia di un popolo narrata da uno dei più grandi scrittori di frontiera del Novecento.Primo volume della celebre Trilogia Istriana, "Materada" è un romanzo dalle forti tinte autobiografiche, che racconto di un’epoca tristemente ben nota a Fulvio Tomizza: quella dell’emigrazione forzata di migliaia di istriani dalle proprie terre ataviche verso un’Italia ostilmente indifferente alla loro sofferenza. Protagonista del romanzo è Francesco Koslovic, contadino istriano impegnato nel disperato tentativo di conservare la proprietà del terreno su cui lui e il fratello hanno lavorato per una vita intera. Tragedia famigliare, quindi, ma anche collettiva. La storia, narrata senza filtri e con la commossa partecipazione dell’autore, non può lasciare indifferenti... Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
Una statua che non dovrebbe esistere più nasconde una storia vecchia di secoli, eppure, nonostante tutto, di un’attualità sconcertante... Pubblicato per la prima volta nel 1984, "Il male viene dal Nord" è un’interessante commistione fra saggio, romanzo storico e racconto autobiografico. Incentrato sulla figura emblematica di Pier Paolo Vergerio il Giovane (1498-1565), vescovo di Capodistria e poi, dopo un processo per eresia, convinto fautore del luteranesimo, il testo si offre a chi legge come la partecipe testimonianza di uno scrittore di frontiera – Fulvio Tomizza – sulla vita di un suo illustre conterraneo, perseguitato in vita a causa delle sue idee e, nondimeno, per la sua nazionalità. Ad alimentare il fascino di Vergerio agli occhi dell’autore fu la constatazione, in parte stupita in parte orgogliosa, di come la statua del vescovo continuasse a sorgere nel centro di Capodistria, anche in piena epoca titina, nonostante la sua identità etnica e la sua personalità profondamente religiosa.Fulvio Tomizza (1935-1999) nasce nella contrada di Materada, nel comune istriano di Giurizzani. Cresciuto in mezzo alle tensioni interetniche fra italofoni e slavi, con l’irrompere della Seconda guerra mondiale è costretto a riparare a Trieste con la famiglia. Iscrittosi all’Accademia di Arte Drammatica e alla facoltà di Lettere di Belgrado, nel 1957 esordisce con i primi racconti, cui faranno seguito, di lì a poco, i romanzi della Trilogia Istriana: "Materada" (1960), "La ragazza di Petrovia" (1963) e "Il bosco di acacie" (1966). Ai suoi romanzi, che raccontano la difficile vita degli italiani di frontiera, Tomizza affianca un’originale produzione teatrale ("Vera Verk", "La storia di Bertoldo", "L’idealista") e una serie di testi per l’infanzia ("La pulce in gabbia", "Il gatto Martino"). Nel 1977, col romanzo "La miglior vita", si aggiudica il Premio Strega.
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