Bag om Lettera porteña
"Siamo ben poca cosa", si disse, "ma quel poco, nelle mani della verità, diventa tanto".
La scansione degli episodi di "Lettera porteña" si compone gradualmente. Come in un collage mescola il destino di Dora Maris con quello degli altri protagonisti. Rinviando ad un funesto presagio. Ad un vischioso impasto di potere che la circonda.
Dalle asciutte parole di Ronald Tucker, ai torbidi riflessi di Don Mario, alle allucinate memorie di Carlos Macedonio. Fino alla freddezza nevrotica di Weverly Eden Fleishmann. Basterebbero questi quadri per tratteggiare la materia torbida e sinistra in cui Dora si muove. E che non rivela mai una verità univoca. Rimanendo sempre accenno del discorso. Eppure costituendone l'itinerario di avvicinamento, attraverso mille difficoltà. Che finisce per comporre l'orchestrazione di una metafora per cui Dora Maris è un essere assolutamente diverso da come ce lo aspettiamo. Condannato alla solitudine e, forse, all'incomprensione. Sotto il peso di un misterioso talento.
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